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La storia del cambiamento climatico.

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Lo scienziato svedese Svante Arrhenius fu il primo a sostenere nel 1896 che l’uso di combustibile fossile potrebbe provocare un aumento del riscaldamento globale. Di conseguenza esiste una relazione fra la concentrazione di anidride carbonica e la temperatura atmosferica. Stabilì' che la temperatura superficiale media della terra è circa 15 gradi °C e che un raddoppio della concentrazione di CO2 porterebbe ad un aumento termico di 5 gradi °C.

Nell'anno 1940 ci furono sviluppi nella misurazione di radiazioni ad alta lunghezza d'onda. 

Verso la fine degli anni cinquanta gli scienziati usarono le tecnologie più moderne disponibili per estrapolare delle curve di concentrazione per la CO2 atmosferica. Tali curve sono diventate uno dei maggiori simboli del

 

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riscaldamento globale e mostrarono una tendenza di diminuzione della temperatura annuale globale dal 1940 agli anni 70. Allo stesso tempo una ricerca sui sedimenti oceanici indicò che ci furono non meno di 32 innalzamenti e abbassamenti di temperature durante gli ultimi 2.5 milioni di anni, piuttosto che soltanto 4. Di conseguenza, cominciò' a svilupparsi il timore che una nuova era glaciale potrebbe essere vicina. Negli anni ottanta, la curva delle temperature globali ricominciò a salire  e ONG ambientali (organizzazioni non governative) hanno iniziato a sostenere la protezione ambientale per prevenire un ulteriore riscaldamento globale. Anche la stampa si è interessata al riscaldamento globale. Ben presto è diventato un argomento di attualità che è stato ripetuto su scala a pioli. Si è evoluto un circo mediatico completo che ha convinto molte persone che siamo sull'orlo di un cambiamento climatico significativo che ha molti impatti negativi sul nostro mondo di oggi. Stephen Schneider aveva previsto per la prima volta il riscaldamento globale nel 1976. Questo lo rese uno dei massimi esperti mondiali in materia. 

Nel 1988 fu infine riconosciuto che dal 1980 il clima era più caldo di quanto fosse mai stato precedentemente. Per la prima volta fu citata la teoria dell'effetto serra e fu fondato un pannello intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) dal programma ambientale delle Nazioni Unite e dall'organizzazione meteorologica mondiale. Tale organizzazione prova a predire le conseguenze dell'effetto serra secondo i modelli climatici e le informazioni esistenti. 

Negli anni 90 gli scienziati cominciarono a mettere in discussione la teoria dell'effetto serra, a causa delle rilevanti incertezze nei dati e nei modelli risultanti. Essi contestarono i fondamenti della teoria, che erano dati delle temperature globali annuali medie. Essi ritenevano che le misure non fossero effettuate in modo corretto e che mancavano i dati dagli oceani. Le tendenze di raffreddamento non erano spiegate dai dati sul riscaldamento globale ed i satelliti mostravano registrazioni termiche completamente diverse da quelle iniziali. Cominciò' a svilupparsi l'idea che i modelli di riscaldamento globale avevano sopravvalutato la tendenza al riscaldamento dei 100 anni passati. Ciò indusse l'IPCC a rivedere i propri dati iniziali sul riscaldamento globale, ma ciò' non li indusse a riconsiderare la sua esistenza.

 

 Secondo il quarto rapporto dell'IPCC del 2007 la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di di quasi un grado durante il XX secolo e suggeriscono che durante il XXI secolo la temperatura media della Terra potrà aumentare ulteriormente rispetto ai valori attuali, da 1,1 a 6,4 °C in più, a seconda del modello climatico utilizzato e dello scenario di emissione. I dati delle serie storiche termiche in possesso degli scienziati indicano che il riscaldamento non è uniforme in tutto il globo, ma più accentuato nell'emisfero boreale che in quello australe, per via della maggiore distribuzione di terre emerse e relativa antropizzazione, maggiore sulla terraferma che sugli oceani, maggiori paesi con temperature fredde (la zona dell'Artide, Siberia e Canada in forte riscaldamento, all'opposto la zona dell'Antartide in raffreddamento)

L'aumento delle temperature sta causando importanti perdite di ghiaccio e l'aumento del livello del mare. Sono visibili anche conseguenze sulle strutture e intensità delle precipitazioni, con conseguenti modifiche nella posizione e nelle dimensioni dei deserti subtropicali. La maggioranza dei modelli previsionali prevede che il riscaldamento sarà maggiore nella zona artica e comporterà una riduzione dei ghiacciai, del permafrost e dei mari ghiacciati, con possibili modifiche alla rete biologica e all'agricoltura. Il riscaldamento climatico avrà effetti diversi da regione a regione e le sue influenze a livello locale sono molto difficili da prevedere.

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